TRE VOLTI, TRE PAROLE DELLO SPIRITO
Aprendo la chiesa di S. Lucia del Gonfalone in Roma, sui gradini incontro una vecchina minuta e ricurva che voleva semplicemente pregare S. Lucia. Dinanzi alla statua della santa la vecchina chiedeva ad alta voce, senza alcun timore, la guarigione degli occhi. Aveva il terrore di perdere la vista. Ha cominciato a frequentare saltuariamente e in seguito più frequentemente svelando piano piano la sua vita. Andata via di casa, da un paese del sud Italia perché il marito la picchiava, dopo aver sistemati i suoi tre figli, si era diretta a Roma. Aveva sempre trovato qualcuno che l’ospitasse. Quando le capitava di essere per strada, raccontava, si metteva in un angolo a piangere. Alle volte per una intera settimana. Poi immancabilmente qualcuno si fermava e la portava a casa. Un tassista l’aveva presa a ben volere e l’accompagnava sempre dove voleva per le cure a qualsiasi ora del giorno. Conosceva bene i vari quartieri di Roma. In ogni quartiere si faceva chiamare con un nome diverso. Quando, in seguito ad una caduta, era ricoverata in ospedale i volontari che si susseguivano nella visita erano convinti chi di fare visita a Franca, chi ad Elena, chi a Marina. Insomma Angelina, questo era il suo nome, era il volto di tanti. Solo quando è morta ci siamo trovati in tanti per una sola persona. Proprio così: per aiutare un povero bisogna essere tanti.
Un altro volto indimenticabile è stato Domenico. Era un uomo lacero, sporco, irrimediabilmente dipendente dall’alcol. Nella comunità è stato sempre un ospite imbarazzante. Durante una meditazione musicale con l’organo era come assorto in altra musica. Durante una messa funebre, incurante della sofferenza degli altri, passava intorno alla bara come con naturale irriverenza. Durante l’ordinazione diaconale di un confratello era estraneo alla festa e alla liturgia. Con umiltà, senza rassegnazione, dobbiamo riconoscere che non è facile aiutare l’altro. Non è facile aiutare i poveri. Forse semplicemente non è facile aiutarci. Non è evidente che l’altro voglia ciò che tu desideri dargli. Spesso Domenico dava l’impressione di cercare “cose altre”. Egli stesso non avrebbe saputo spiegarle. Perfino nella spazzatura, tra ciò che noi rifiutiamo sperava di trovare qualcosa per lui. Uno degli ultimi giorni prima di morire, mi ha come supplicato: “Abbracciami”. Vedeva che con affetto e calore salutavo tutti gli altri dopo la celebrazione della messa. Confesso di non aver avuto il coraggio. Mi ha fissato con compassione. Mi è parso di percepire lo sguardo di Gesù a Pietro dopo il triplice rinnegamento. Ora quello sguardo compassionevole mi accompagna sempre.
Il terzo volto è quello di Giovanni. La sua presenza era divenuta scomoda. Un alone rivoltante e fastidioso lo accompagnava sempre e lo faceva respingere. Due volontarie e un amico musulmano hanno cominciato a lavarlo e a portargli da mangiare. Piano piano unicamente per la gratuita amicizia ha trovato la forza di rialzarsi e di trovare un rifugio per una vita dignitosa.
Tre volti. Tre parole dello Spirito. “Insistenza, sguardo compassionevole, amicizia”. Quei tre volti ci hanno insegnato a non rimanere irretiti nei nostri errori. A non disperare mai. Dio invia sempre un suo messaggero. Ci guarda con compassione e si offre come compagno di viaggio.
Franco Incampo cmf – p.franco@santaluciagonfalone.it